Tartufo di seconda scelta? Buono come quello di prima, dicono i tartufai
Si alternano le stagioni, il sole scalda la terra e la pioggia la nutre in un ciclo infinito; il tartufo riposa tra le radici della pianta simbionte in attesa di essere prelevato dal suo scrigno silenzioso, quando la mano esperta del tartufaio lo porterà finalmente in superficie, mettendo a disposizione del mondo uno dei suoi frutti più preziosi.
Quali saranno le strade del tartufo, prima che il destino lo porti a impreziosire le nostre pietanze? Ecco come il tartufo viene diviso in diverse qualità secondo i tartufai.
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Tartufo di prima e seconda scelta
Il tartufo non è solo un alimento, ma un’esperienza sensoriale; quando il tartufo tocca la tavola, tutti sanno che il re è arrivato. Forse è proprio per questo che in questo che quando si tratta di tuber, anche l’occhio vuole la sua parte. Alcuni tartufai, infatti, ci hanno raccontato che in termini di vendibilità, esistono due categorie di tartufo:
- Il tartufo di prima scelta, integro, senza buchi e scalfitture, molto profumato e con una forma esteticamente appagante, possibilmente non troppo piccolo; praticamente un tartufo perfetto, da copertina.
- Il tartufo di seconda scelta, invece, è la restante parte della raccolta; un tartufo imperfetto, spesso piccolo e con delle forme un po’ strane, scheggiato, lumacato (danneggiato dal passaggio delle lumache) o graffiato superficialmente.
Può capitare, spesso, che il cane graffi il tartufo scavando o che l’esemplare si rovini durante l’estrazione col vanghetto: è più che normale, secondo i nostri amici tartufai, (che ci rassicurano sulla buona qualità del tartufo) e ci dicono inoltre che il tartufo di seconda scelta si vende lo stesso, magari a privati in cerca di risparmio o ai ristoranti che non hanno la necessità di mostrare il tartufo durante il servizio.
I tartufi leggermente scalfitti, solo parzialmente rotti o lumacati (danneggiati dal passaggio delle lumache) possono comunque passare in prima scelta se il difetto complessivo non supera il 5% di danni circa. Durante la valutazione della prima e della seconda scelta, infatti, l’estetica dell’esemplare ricopre un ruolo fondamentale. Ecco perché, in alcuni casi, un tartufo con forma perfetta è preferibile a un tartufo completamente integro.
Esiste anche un tartufo di “terza scelta”, cioè un tartufo che, per qualche motivo, non è più buono, compromesso dall’estrazione o dall’ambiente in cui è cresciuto. Per esempio, i tartufi che si trovano in valle, con scarsa areazione e un eccessivo ristagno, possono rendere il tartufo meno intenso sia come sapore che come profumo, rendendolo più difficile da vendere. Sotto a questa categoria c’è solo quello che – nell’ambiente del tartufo – si chiama “tritume”: pezzature sotto i 5 grammi usate principalmente per creare prodotti al tartufo.
Ci sono infine i tartufi molto rari, quelli dalla dimensione record e dal prezzo di vendita spropositato, ma come ci insegna Marco Cinalli – esperto tartufaio di Chieti – “prima lo si vende, meglio è”, perché il tartufo è un prodotto facilmente deperibile, ed è più facile vendere 3 tartufi di medie dimensioni piuttosto che un tartufo grande, appetibile soprattutto per gli appassionati in fiera. Ma, quando un esemplare raggiunge delle dimensioni davvero notevoli, finisce all’asta e garantisce sicuramente un buon guadagno.
Qual è il percorso del tartufo
Il tartufo, una volta vista la luce, ha pochi giorni di vita. Il tuber, infatti, è un alimento tanto prezioso quanto delicato; non c’è tempo da perdere. Generalmente dev’essere consumato in 2-3 giorni, forse qualcuno in più, se conservato adeguatamente, ma i tempi della natura non fanno eccezioni e devono essere rispettati. Lo sanno bene i tartufai – a cui abbiamo chiesto personalmente – per farci spiegare quale sia la vita del tartufo una volta dissotterrato, e cosa succede prima che il tartufo arrivi in tavola.
Quando il tartufaio riesce a trovare del tartufo, procede solitamente tramite commercianti, dove il primo passa il tutto a un commerciante più grande, e così via; la maggior parte del tartufo entra nel giro della grande distribuzione. Ma esiste anche la possibilità di fare vendita diretta: per esempio ai singoli privati, ai ristoranti e alle gastronomie. E quest’ultima soluzione viene preferita alla prima, solitamente, anche se avviene più di rado e dipende dai contatti di ogni singolo tartufaio.
Il mestiere del tartufaio
Sei mai andato a funghi? Succede fin troppo spesso di tornare a casa a mani vuote. Beh sì, anche il tartufo è un fungo, ma cresce sottoterra, solo in alcuni periodi specifici e in particolari del terreno. Immagina quanto possa essere difficile fare il tartufaio.
“Lo fai solo se hai una passione continua,” ci racconta un tartufaio piemontese da 4 generazioni, “è un hobby faticoso, ma molto remunerativo, anche se – sicuramente – non ti garantisce uno stipendio tutto l’anno”. Le difficoltà del tartufaio possono essere molteplici, e non solamente in termini di vendita. Bisogna amare il proprio cane, addestrarlo adeguatamente, bisogna conoscere il territorio e avere anche un pizzico di fortuna.
Marco, per esempio, ci dice anche che fare il tartufaio può essere pericoloso, per tanti motivi diversi. Serve un’ottima forma fisica, senso dell’orientamento, resistenza alla fatica e alle temperature estreme. Bisogna sapersi adattare, avere una grande pazienza. A volte bisogna preoccuparsi anche degli animali selvaggi e, purtroppo, anche dell’ira degli altri tartufai.
Sembra davvero un mestiere per pochi, quello del tartufaio. Noi intanto ringraziamo Marco e gli altri amici tartufai con cui abbiamo avuto il piacere di scambiare due parole, ma ne approfittiamo per dire un enorme GRAZIE all’intera categoria, perché i loro sforzi ci permettono di poter riprovare a ogni nuova stagione l’emozione del tartufo, con il suo sapore unico e le sue tradizioni misteriose.