Uno degli aspetti più affascinanti del mondo del tartufo è sicuramente quello della sua ricerca. Coltivare il tartufo è difficile e spesso non dà i risultati sperati, ecco perché la ricerca di tartufaie spontanee è ancora il modo più utilizzato per raccogliere il prezioso fungo ipogeo. Ma trovarlo non è così facile ed esistono regolamenti molto severi a tutela di questo dono della terra.
Se ti stai appassionando e vuoi cominciare ad andare per boschi, oppure sei un cavatore esperto e sei in cerca di qualche nuovo consiglio, con questa guida ti aiuteremo a capire come trovare i tartufi rispettando il cane e la natura, oltre che gli altri tartufai.
Come trovare il tartufo, riassunto:
Prima di cominciare ad andare per boschi in cerca di tartufo è necessario superare un esame e ottenere l’apposito tesserino. Questo accorgimento serve a preservare la natura spontanea del fungo pregiato, per evitare che persone inesperte possano comprometterne il delicato sviluppo. Inoltre, bisogna essere consapevoli delle regole che costellano il mondo della ricerca e di quale sia il migliore cane da tartufo, di cui non si può fare assolutamente a meno (anche a livello legale).
Quindi, per andare a cercare i tartufi bisogna prima diventare tartufai.
Quella del trifolau è una figura da sempre avvolta da un alone di mistero: i tartufai conoscono i propri boschi in profondità, ne sanno riconoscere i terreni, le piante, i luoghi segreti in cui crescono i preziosissimi tartufi; tradizionalmente si aggirano di notte e senza luce, in compagnia soltanto del loro cane fedele. Condividono i propri segreti solo con parenti stretti e amici fraterni, tramandando una sapienza che è un vero e proprio piccolo patrimonio del paese.
Ma al di là degli aspetti più suggestivi dell’attività di tartufaio, questa professione è regolata da precisi obblighi e non può in nessun caso essere svolta in maniera improvvisata. Per diventare tartufaio è infatti necessario avere compiuto almeno 14 anni e:
Un buon trifolau deve naturalmente sviluppare una gamma di competenze che vanno oltre le pur essenziali nozioni teoriche impartite dai corsi provinciali. Con il tempo e l’esperienza deve imparare a riconoscere le piante simbionti dei diversi tipi di tartufo, orientarsi tra le tipologie di terreno, conoscere i boschi, le colline e le pianure in cui effettua le ricerche. È poi essenziale (e obbligatorio) dotarsi di un cane addestrato per la cerca e maturare con lui un rapporto di fiducia, rispetto, empatia.
Se vuoi richiedere il rilascio del tesserino valido per la ricerca e la raccolta dei tartufi devi rivolgerti all’UTR (ufficio territoriale regionale) della tua provincia di residenza. Il tesserino ha una validità di 10 anni dal momento del rilascio e puoi ottenerlo solo se hai più di 14 anni e hai superato l’apposito esame. Inoltre, ogni anno dovrai pagare una tassa di concessione.
Per i luoghi e le date degli esami puoi chiedere sempre all’UTR, così come puoi trovare informazioni su eventuali corsi di formazione che, solitamente, gli enti gestori dei parchi e le comunità montane organizzano per aiutare chi, come te, vuole tentare l’idoneità per la ricerca e la raccolta dei tartufi. Lì puoi imparare a riconoscerli, a cercarli, le leggi e le normative che regolano la raccolta e tante altre informazioni utili.
Non sottovalutare l’esame, però, perché se non superi il test puoi ripeterlo solo dopo 12 mesi!
La legge italiana impone ai tartufai l’utilizzo di alcuni strumenti specifici per la raccolta dei preziosi funghi. Tra gli attrezzi del mestiere spicca indubbiamente la vanghetta (o vanghetto del tartufaio), una zappa di dimensioni ridotte che è obbligatorio usare per rovinare il meno possibile il terreno e le delicate radichette del fungo ipogeo. A proposito di zappetta: dopo avere estratto il tartufo, è obbligatorio riempire nuovamente la buca prodotta con il terreno asportato, in modo da permettere la crescita di nuovi corpi fruttiferi.
Accanto alla vanghetta è imposto l’uso di strumenti specifici per il trasporto del raccolto: o la tipica catana, una borsa fatta apposta per i tartufi, o le tasche degli appositi giubbotti da tartufaio, oppure ceste simili a quelle della raccolta dei funghi. È poi consigliato munirsi di stivali al ginocchio così da affrontare ogni tipo di terreno, e vestirsi con un abbigliamento idoneo alle insidie del bosco, come spine, piante urticanti, insetti e vipere. Il tartufaio, infatti, porta sempre con sé anche dei guanti per lo scavo in sicurezza, un bastone e delle pomate di primo soccorso.
In origine la cerca dei tartufi veniva condotta con i maiali, animali dotati di un fiuto eccezionale e di una capacità unica di trovare il prezioso fungo ipogeo. I maiali presentavano solo un inconveniente: ghiotti di tartufi, finivano spesso per mangiare i propri ritrovamenti prima che i padroni potessero metterci le mani. Ma la loro efficienza e capacità olfattiva li rendevano comunque gli animali privilegiati per la ricerca.
Fu presso le corti nobiliari che i maiali vennero per la prima volta sostituiti dai cani: i fedeli e mansueti amici dell’uomo erano infatti considerati molto più eleganti e raffinati nelle ricerche che i nobili organizzavano per intrattenere gli ospiti di prestigio. Questa usanza si diffuse gradualmente in tutte le corti, quindi anche presso il popolo, rendendo il maiale sempre meno utilizzato.
Oggi la legge vieta l’impiego dei maiali nella cerca del tartufo: questi animali sono infatti molto irruenti nelle operazioni di scavo e provocano danni anche gravi al prezioso ecosistema che circonda l’area di raccolta. L’uso del cane è invece obbligatorio, poiché è questo l’unico animale che garantisce una precisione di localizzazione tale da evitare inutili scavi che rovinerebbero il terreno.
La legge italiana impone che il cane sia appositamente addestrato per la cerca del tartufo. Questo animale è talmente prezioso e indispensabile che gli esemplari addestrati possono arrivare a costare fino a 5.000 euro. Non è però obbligatorio comprare cani già addestrati o rivolgersi ad addestratori professionisti: con molta pazienza e premura è possibile addestrare il cane di persona, partendo con giochi semplici quando è cucciolo e facendogli piano piano affrontare esercizi più complessi, fino alla cerca vera e propria.
In linea di massima qualunque razza canina dotata di un buon fiuto è adatta alla cerca del tartufo: dipende poi dai singoli esemplari possedere qualità come l’intelligenza, la concentrazione, la resistenza e la dedizione necessarie a superare gli addestramenti e rivelarsi buoni cani da tartufo.
La tradizione comunque considera alcune razze più predisposte alle difficoltà della cerca:
A seconda della morfologia del territorio, i tartufai di mestiere si avvalgono di una razza anziché di un’altra. Sugli Appennini toscani e marchigiani, si prediligono bracchi e pointer. In Emilia tra Ferrara e Ravenna, si usano i lagotti dal passo corto e pronti al richiamo. Molto spesso si ricorre anche a vispi meticci di taglia medio-piccola, che spiccano per il fiuto formidabile, la dedizione al padrone e la grande resistenza alla fatica e alle malattie. Una menzione a parte merita invece il lagotto romagnolo, l’unica razza riconosciuta come specializzata proprio nella ricerca del tartufo.
La cerca del tartufo è regolata a livello nazionale dalla Legge 752/1985, che prevede che tale attività sia libera nei boschi e nei terreni non coltivati, pur imponendo obblighi e divieti finalizzati a preservare il tartufo come patrimonio naturale del paese. Scendiamo nel dettaglio:
La cerca e la raccolta sono poi vietate in zone geografiche come le riserve naturali e micologiche, per quindici anni nelle aree di nuovo rimboschimento e in altre aree specifiche indicate dalle regioni di riferimento. Inoltre, se si trovano tartufi marci o immaturi è meglio non raccoglierli perché, oltre a non essere buoni da mangiare, contribuiscono con le loro spore allo sviluppo di nuovi tartufi.
Infine, per quanto la cerca notturna sia un tema affascinante che ruota attorno alla misteriosa figura storica del trifolau, è vietata nella stragrande maggioranza dei luoghi di raccolta.
La legge quadro specifica chiaramente che è possibile raccogliere e commercializzare soltanto determinate specie di tartufo, e indica un calendario di massima con i periodi in cui ne è consentita la raccolta. È infatti vietato cogliere esemplari immaturi poiché questo ne impedirebbe la moltiplicazione. Ecco le specie consentite e i periodi in cui ne è permessa la raccolta:
Occorre sottolineare che i periodi di raccolta indicati in tabella sono quelli previsti dalla legge nazionale, e che le normative regionali potrebbero prevedere di volta in volta un calendario differente. In alcuni casi anche le singole province possono variare il calendario a seconda delle esigenze territoriale specifiche.
Per capire come trovare i tartufi non basta saper riconoscere quali sono le piante simbionte e individuare i pianelli (le zone in superficie senza o con scarsa vegetazione), ma è fondamentale conoscere i terreni e saper affrontare i pericoli del bosco, come ad esempio:
Inoltre è bene munirsi di mappe ed eventuale GPS da trekking per scongiurare un’improvvisa perdita dell’orientamento. C’è anche un altro pericolo da non sottovalutare: le esche avvelenate. Alcuni tartufai – ahinoi – ancora si fanno la guerra tra di loro, prendendosela spesso con il cane di quelli che considerano il loro avversario.
Il terreno giusto dove trovare i tartufi è possiede specifiche caratteristiche chimiche e, solitamente, con un elevato grado di umidità. Una volta pronto ad affrontare i pericoli della natura, devi preoccuparti di scegliere un terreno che abbia:
Non valgono le stesse regole per tutti i tipi di tartufo, ovviamente, ma questi semplici consigli possono farti capire da dove iniziare a cercare.
La cerca del tartufo è un’attività complessa che richiede grande esperienza e sensibilità. È difficile cominciare da autodidatti: molti tartufai vengono iniziati a questa pratica secolare dai parenti e proseguono poi nella tradizione di famiglia. Per ottenere buoni risultati, è essenziale maturare nel tempo una conoscenza dettagliata e approfondita dei boschi in cui si cerca, imparare a riconoscere i terreni, le piante, e captare tutti quei segnali nascosti che denunciano la presenza del tesoro sotterraneo.
*Questi sono dati indicativi e parziali, ovviamente, perché esistono anche altre variabili che influenzano lo sviluppo dei tartufi e la natura spesso è imprevedibile, ma questi consigli possono aiutarti a capire il ragionamento che sta alla base di una buona ricerca.
Nelle regioni dove è consentita, molti trifolau preferiscono lanciarsi nella cerca di notte, quando l’oscurità li aiuta a mantenere il segreto sulle zone più produttive. La notte rende anche il cane più concentrato, perché riduce eventuali distrazioni, e nasconde un piccolo vantaggio: nelle ore prima dell’alba, l’umidità del bosco è tale da rendere più facile la ricerca olfattiva del segugio. Tuttavia, anche la cerca diurna riserva le sue soddisfazioni, poiché consente di sviluppare un rapporto più profondo con il proprio cane, di seguirlo con più cura e spingerlo a migliorare più velocemente.
Il tartufo è un prodotto tipicamente italiano: è proprio nel belpaese che ha avuto inizio la sua storia culinaria e gastronomica per come la conosciamo oggi, ed è nella penisola italiana che si trova la maggiore varietà e quantità di tartufi selvatici al mondo. Il luogo di elezione del tartufo è indubbiamente il Piemonte, una regione in cui si concentrano alcuni dei migliori esemplari e quasi tutte le specie note commestibili: particolarmente celebre è il tartufo bianco di Alba, eccellenza assoluta della cucina italiana. Un’altra zona famosa per la presenza di tartufi di alta qualità è l’area appenninica dell’Italia Centrale, da cui provengono, per citare un esempio su tutti, i celebri Tartufi Neri di Norcia. Altre aree italiane note per la maturazione di tartufi di eccellente qualità sono il settore padano e l’Appennino meridionale.
Fuori dall’Italia il tartufo trova diffusione spontanea soprattutto nell’Europa continentale, in alcuni paesi dell’Est Europa e nell’Inghilterra meridionale. In Provenza e nella regione del Périgord in Francia si trovano tartufi neri di elevata qualità, così come nella provincia di Soria in Spagna. Ottimi tartufi bianchi maturano in Romania, in Bulgaria e soprattutto in Istria, vicino al confine italiano. Le regioni mediterranee come la Turchia e il Nord Africa ospitano invece tartufi neri del tipo estivo. Oltre i confini europei i tartufi si fanno più rari: ne sono stati scoperti di neri di elevata qualità nei boschi dell’Oregon, mentre crescono in modo più sparuto in Canada, Russia, Cina e Giappone.
Scendiamo nel dettaglio con informazioni sulle aree geografiche, i terreni e le piante simbionti dei principali tipi di tartufo:
Il tartufo bianco, o Tuber Magnatum Pico, cresce in pianura o in zone collinari non oltre i 700 metri sul livello del mare, prediligendo terreni marnosi o calcarei con buona areazione ma mai eccessivamente secchi. A livello geografico, in Italia il pregiato fungo si trova soprattutto nelle Langhe e nel Monferrato in Piemonte e nella zona appenninica dell’Italia centro-meridionale. Fuori dal nostro paese, tartufi bianchi di qualità maturano soprattutto in Istria. Per quanto riguarda le piante simbionti, il tartufo bianco si lega a querce, salici, pioppi, tigli, noccioli e carpini neri.
Il tartufo bianchetto, o Tuber Borchii Vittadini, è molto comune sia in Italia che in Europa e si sviluppa su diversi tipi di terreno, dai litorali alle zone collinari e montuose fino ai mille metri. Si può trovare tra i boschetti litoranei di conifere o i boschi di latifoglie, in tutte le regioni italiane. Tra le piante ospiti spiccano le immancabili querce, i carpini, i pioppi, i faggi, i noccioli, i salici e i tigli, oltre a diverse specie della famiglia dei pini.
Il tartufo nero pregiato, o Tuber Melanosporum Vittadini, trova terreno fertile in aree calcaree con carenza di humus organico, piante rade e buona esposizione alla luce solare. Meno raro del bianco ma comunque di difficile reperibilità, il nero pregiato matura soprattutto in Piemonte, nelle Marche, in Molise; sono celebri il Tartufo Nero di Norcia e quello di Spoleto. Oltre i confini italiani, il Melanosporum viene dissotterrato nella regione del Périgord in Francia, in Spagna e nei boschi dell’Oregon. Il tartufo nero pregiato può trovarsi sotto le fronde delle querce, dei carpini neri, dei tigli e dei noccioli, e in alcuni casi anche tra le radici di cisto.
Leggi la nostra pagina dedicata alla raccolta del tartufo nero pregiato per scoprire nel dettaglio quali sono le regioni più vocate, i periodi di raccolta e le piante simbionte del prezioso tuber melanosporum.
Il tartufo nero estivo, o Tuber Aestivum Vittadini, è una specie versatile che apprezza i terreni sia argillosi che sabbiosi, purché ben areati e con scarsa umidità. Dai boschi del Piemonte all’intero versante appenninico, in Italia il tartufo estivo è reperibile in quasi tutte le regioni. Oltre i confini del belpaese il tartufo estivo si trova in Francia, in Spagna, e in generale in tutti i paesi affacciati sul bacino mediterraneo. Il tartufo estivo entra in simbiosi sia con latifoglie, come querce, carpini, faggi, pioppi e noccioli, sia con alcune conifere come i pini.
Il tartufo nero invernale, o Tuber Brumale Vittadini, produce frutti in terreni sia argillosi che calcarei, ad altitudini intermedie comprese tra i 400 e i 1000 metri; a differenza di altre specie di tartufo, questo fungo predilige zone più umide e ombreggiate. La sua diffusione geografica è ampia e si estende in quasi tutta Italia e in tantissimi paesi europei. Sono numerose anche le piante cui è associato: dalle immancabili querce come roverella, cerro e leccio, ad altre latifoglie come i carpini, i tigli e i noccioli, fino ai cisti e alle conifere come pino nero e cedro.
Il tartufo nero liscio, o Tuber Macrosporum Vittadini, è un tipo di tartufo meno noto ma caratterizzato da eccellenti caratteristiche aromatiche. Ha esigenze climatiche simili a quelle del tartufo bianco, quindi matura in terreni simili con la sola differenza che predilige la pianura e si adatta a zone più aride. Si trova in quantità rilevanti nelle pianure bresciane e ferraresi e in esemplari più sparuti in molte regioni dell’Italia settentrionale e centrale. Cresce spontaneamente anche in Svizzera, Germania, Francia e in alcune aree dell’Europa orientale. Il tartufo nero liscio cresce sotto le tipiche piante da tartufo: querce, pioppi, noccioli, tigli, salici e carpini.